domenica 21 luglio 2013
lunedì 22 aprile 2013
Inizio marzo: come ogni anno nascono diverse iniziative per
celebrare la Festa della Donna.
Tra le tante, quest’anno
era annunciato un Urban Knitting a Roma, in via Leone IV.
La Presidente del Municipio
competente per territorio, Antonella De Giusti, dettava in una nota:
(OMNIROMA) Roma, 06 MAR - “Un 8 marzo all’insegna della denuncia. Una giornata per ricordare le
forme e i numeri della violenza sulle donne. (…) Il nostro 8 marzo
sarà la rappresentazione simbolica di questo dramma ( … ) verranno posizionati 238 cartoncini rosa con i nomi delle tante vittime di femminicidio lo
scorso anno in Italia. L’installazione, a cura di un gruppo spontaneo di
donne, è per ricordare le vittime della violenza, (…)". E' quanto
dichiara, in una nota, Antonella De
Giusti, presidente del Municipio XVII.
nda - Il neologismo femminicidio identifica l’uccisione
di una donna in quanto donna,
quindi a causa di concezioni patriarcali, ineguaglianze di genere, possessività
morbosa, mancata accettazione della libertà femminile, prevaricazioni di varia
natura.
Le
soluzioni ipotizzate, convergenti da più fonti - istituzionali e non -,
convergono sulla necessità di:
·
rieducare gli uomini italiani
·
creare nuovi centri antiviolenza ed erogare
maggiori fondi ai centri già esistenti
·
varare leggi specifiche per sanzionare il
femminicidio
·
connotare mediaticamente il fenomeno, parlando
sempre di femminicidio e mai di raptus (follia, gelosia, troppo amore, etc.)
“Istituzione del reato di femminicidio con relative pene
(e aggravanti in caso di legame affettivo tra carnefice e vittima): così magari
ridiamo dignità alla vittima, rieduchiamo un po’ gli uomini italiani e pure il
linguaggio mediatico (visto che quando una donna è morta ammazzata per opera di
un uomo si usa definire il tutto come raptus della gelosia)”
Barbara Giorgi - http://www.cadoinpiedi.it/2013/03/08/8_marzo_non_e_la_festa_della_donna.html
Barbara Giorgi - http://www.cadoinpiedi.it/2013/03/08/8_marzo_non_e_la_festa_della_donna.html
LETTERA APERTA ALLA PRESIDENTE DEL
MUNICIPIO VII, ANTONELLA DE GIUSTI
Gentile Presidente De Giusti, il dato da
Lei diffuso, cioè 238 vittime di femminicidio nel 2012, non
corrisponde alle stime divulgate da diverse strutture che studiano il fenomeno.
Non esistono dati ufficiali forniti
dal Ministero degli Interni in quanto nel nostro ordinamento è previsto il
reato di omicidio (art. 575 cp) che sanziona l’uccisione di qualsiasi persona,
a prescindere dal genere; ma la teoria nascente del femminicidio si fonda su
dati diffusi dalle associazioni no-profit, che parlano di un numero di vittime
oscillante attorno alle 120/130 ogni anno.
Sorprende come Lei abbia pressoché
raddoppiato i dati, seppure ufficiosi, diffusi sino ad ora.
Si rende necessaria una verifica, per
capire come sia stato possibile costruire un totale annuo di femminicidi mai
emerso in precedenza.
Il “gruppo spontaneo di donne” al quale Lei fa espresso riferimento nel
comunicato stampa, cura una fonte di informazioni sul sito www.inquantodonna.it, archivio prezioso
che raccoglie notizie delle vittime registrate negli ultimi anni, la maggior
parte nella categoria “donne”, una minima parte nella categoria “senza volto”.
1983
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1988
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1989
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1990
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1991
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1993
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1994
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1996
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1997
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1998
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1999
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2000
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2001
|
1
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1
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1
|
1
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2
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1
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1
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1
|
2
|
3
|
3
|
3
|
2
|
2002
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2003
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2004
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2005
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2006
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2007
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2008
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2009
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2010
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2011
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2012
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2013
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tot
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7
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4
|
6
|
6
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11
|
16
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15
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26
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39
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49
|
57
|
4
|
262
|
Su un totale di 262 episodi archiviati, 205 non sono riferibili al 2012
Tra i 57 episodi 2012 ve ne sono
inoltre 16 che non giustificano ne’ la classificazione come femminicidio, ne’
la necessità di “rieducare” gli uomini italiani
7
- movente diverso dalla
prevaricazione di genere, 9 - vittima e reo non italiani
Quindi sono 41 gli episodi che
realmente corrispondono ai criteri del femminicidio come sopra riportati.
In ogni caso, anche volendo
considerare l’insieme 57, risulta
difficile comprendere come Lei abbia fatto ad estrarre dall’elenco inquantodonna le citate 238 vittime del
2012.
Il sito pubblica correttamente episodi
delittuosi raccolti negli ultimi 30 anni, senza mistificare i dati spacciandoli
per una strage concentrata nel solo anno 2012, cosa che invece fa il Suo comunicato.
Può dire da quale fonte ha preso le
238 vittime del 2012?
Perché non documentarsi meglio prima
di sparare numeri a caso?
Perché costruire un allarme fasullo,
aumentando artificialmente le dimensioni del fenomeno?
Che bisogno c’è di moltiplicare le
vittime?
I decessi realmente imputabili alla
prevaricazione del partner, secondo Lei non sono abbastanza?
Circa 50 donne uccise ogni anno è un
dato gravissimo.
Ma sarebbe gravissimo anche se il
totale fosse 40, 20, 10, 5 … anche una sola donna uccisa è troppo, non crede?
Nessuno può arrogarsi il diritto di
essere padrone del corpo, della mente, della libertà di un’altra persona. È
inaccettabile ogni singola vita persa a causa della possessività altrui.
Deve essere inaccettabile per l’intera
società civile, la grande maggioranza: decine di milioni di cittadine e
cittadini responsabili, uniti nello schierarsi contro una minoranza deviante.
Perché di questo si tratta: per quanto
terribile possa essere il fenomeno, resta estremamente circoscritto ad una
sparuta minoranza di barbari criminali.
Ciò che sorprende è come da questa
sparuta minoranza si faccia nascere l’esigenza di “rieducare” l’intera
popolazione maschile del Belpaese.
40/50 bestie all’anno, a fronte di una
popolazione maschile di circa 28.000.000 di individui, e tutti gli italiani diventano
potenziali criminali, senza distinguo.
Per sostenere la tesi totalitaria
della “rieducazione” serve costruire un’emergenza su larga scala, quindi si
gonfiano i dati reali gettando nel calderone episodi con vittime ed autori
moldavi, serbi, pakistani, albanesi, indiani, rumeni, dominicani, algerini,
tunisini … sicuramente delle orribili tragedie,
altrettanto sicuramente - però - maturate in contesti sociali, culturali e
religiosi che con l’Italia hanno poco a che vedere, ma il tutto serve
ugualmente a costruire l’urgenza di “rieducare” in blocco gli uomini italiani.
Un padre musulmano uccide la figlia
15enne perché ha osato innamorarsi di un 17enne infedele, quindi andrebbe “rieducato” pure il giudice italiano che
lo condanna.
Curioso il meccanismo, non trova?
Non è difficile aumentare il totale delle
vittime: basta inserire nella casistica donne effettivamente uccise da un uomo,
ma per motivi che nulla hanno a che vedere con la prevaricazione di Genere:
malate terminali uccise dal marito per non farle più soffrire (i cosiddetti
delitti eutanasici), donne uccise per motivi economici, rapine, estorsioni,
eredità, etc.
Un tossicodipendente è a caccia di una
vittima “facile” ed isolata, poco importa che il bottino sia la pensione di un
anziano, l’I-Phone di una ragazzina, la catenina d’oro di un bambino o
l’incasso di una prostituta.
La molla scatenante è il cieco bisogno
di una dose, non certo la discriminazione di Genere. Però la prostituta uccisa per
rapina viene classificata come femminicidio, anche quando l’autore rimane ignoto.
Un processo alle intenzioni, sommario ed unidirezionale, basta a certificare
che il movente dello sconosciuto non poteva essere altro che una millenaria cultura
maschilista. Una tacca in più nel macabro elenco
Si tratta di un allarme fittizio, fatto
lievitare artificialmente attraverso una serie ininterrotta di mistificazioni (non
ultima la teoria violenza domestica come
prima causa di morte per le donne italiane), alle quali si aggiunge
l’ultima Sua perla.
Vuole essere così cortese, se può, da
dare qualche spiegazione in merito?
Avv. Paola
Tomarelli
Fabio
Nestola
domenica 20 gennaio 2013
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