sabato 6 agosto 2011

Mara ed Angelino 2

Carissimi Mara ed Angelino,

proseguiamo nell’analisi del corposo materiale raccolto nei Tribunali.

Oggi ci preme portare alla Vostra attenzione l’aspetto della “collocazione” dei figli minori in caso di separazione.

Un breve inciso: appare curioso che il lavoro certosino di verifica sia lasciato alla libera iniziativa della cittadinanza, che impiega tempo, competenze, risorse e personale rigorosamente non retribuito

Ma, si sa, le strutture no-profit nascono proprio laddove si evidenziano le maggiori carenze istituzionali.

Diverse strutture associative denunciano fin dal 2006 la ritrosia di alcune frange della magistratura nell’accettare la riforma dell’affido condiviso: ne risulta una sistematica disapplicazione, concretizzata attraverso la giurisprudenza riferibile all’affido esclusivo, trasportata di peso all’interno del nuovo impianto normativo.

A tale scopo la prassi giurisprudenziale ha coniato d’autorità termini (e relativi concetti) che non hanno alcun riscontro nel testo varato dal Parlamento.

La residenza prevalente, il genitore collocatario, la collocazione residenziale del minore, etc..

Nell’applicazione pratica viene creata di fatto la figura del genitore prevalente, assimilabile al vecchio termine (ed relativo concetto) di “affidatario”.

Ergo, l’etichetta “affido condiviso” è limitata ad una mera applicazione sul contenitore, ma i contenuti sono identici a quanto ampiamente consolidatosi col precedente affido esclusivo.

Affido esclusivo? Due pomeriggi a settimana e due domeniche al mese

Affido condiviso? Due pomeriggi a settimana e due domeniche al mese

Queste - piaccia o meno - sono le misure standard erogate in Italia.

La riforma, nella sostanza, non ha inciso affatto.

L’orientamento è “far prevalere un genitore e limitare l’altro”, esattamente ciò che la norma novellata intendeva cancellare.

La stortura dei moduli prestampati evidenzia come la prassi sia talmente consolidata da non lasciare spazio nemmeno al tentativo di mantenere un’imparzialità formale.

Nella norma non è previsto, ma la collocazione prevalente compare in bella mostra sugli stampati, bisogna solo aggiungere il genitore affidatario. Ok, scusate, convivente.

Gli esempi sotto riportati sono estratti dagli originali in nostro possesso, provenienti dai Tribunali di Roma e Monza

Non si tratta di un dettaglio.

I moduli intervengono concretamente sulla legge, effettuando una limitazione d’ufficio.

Il Diritto di Famiglia è terra di nessuno, controllare l’applicazione delle norme sembra essere un optional.

Sorprende inoltre come mai nessuno abbia notato gli errori dei moduli ne’ abbia sentito l’esigenza di correggerli.

Possibile che nessun magistrato abbia visto che a Civitavecchia non esistono opzioni per il genitore non collocatario, che il modulo ha deciso possa essere solo il padre?

Possibile che nessun magistrato abbia visto che a Roma esiste uno spazio “collocazione residenziale” mai previsto da nessun legislatore?

Eppure compilano tali moduli a raffica ininterrottamente ormai da 5 anni.

Nella mente di chi studia il fenomeno si insinua una domanda preoccupante: si tratta veramente di errori, o forse i moduli rispecchiano perfettamente la forma mentis di chi li compila senza notare la stortura?

Carissimi Mara ed Angelino, ai cittadini italiani- costretti a navigare nel mare magno della burocrazia - sorgono continuamente dei fastidiosi dubbi .

· Chissà se i Ministeri controllano i vari uffici che cadono sotto la loro competenza?

· Chissà se i controlli (qualora vi fossero) si concludono con un nulla di fatto oppure producono effetti positivi?

· Chissà se esistono delle responsabilità per evidenti errori che negano giustizia, pari opportunità, diritti di adulti e minori?

· Chissà se coloro che si riempiono la bocca di “superiore interesse del minore” pensano che il superiore interesse dei bimbi sia limitare loro l’accesso ad un genitore?

· Non sarebbe possibile elaborare un modulo unico, di fonte ministeriale, conformato ai dettami della norma, da mettere in uso in tutti i tribunali?

·

Così, giusto per dedicare un attimo di attenzione ai problemi della collettività, vi dispiacerebbe rispondere a queste domande?

Certi della vostra sensibilità, ringraziamo anticipatamente.

Mara ed Angelino 1

Carissimi Mara ed Angelino, forse vi siete distratti un attimo, ma qui le cose continuano a non andare per il verso giusto...

Innanzitutto permetteteci di chiamarvi con il vostro nome di battesimo: la confidenzialità non vuole essere un gesto arrogante, ma solo il segnale affettuoso della stima che nutriamo per il fondamentale operato dei Ministeri a voi affidati.

Intendevamo ricordare come i concetti di "Giustizia" e "Pari Opportunità", secondo cittadine e cittadini italiani, sembra proprio debbano essere abbinati a contenuti di alto profilo.

Dopo aver avuto accesso ad un minimo di documentazione, bisogna riconoscere alla cittadinanza una profonda ragione: anche secondo il Dizionario Enciclopedico Garzanti, infatti, alla definizione “giustizia” troviamo: …dal latino justitia che a sua volta deriva da justus, "giusto", e questo da jus, “diritto”.

Scomodando la Carta Costituzionale, la voce “pari opportunità” è contemplata agli artt. 3, 37, 51 e 117, ove tra l’altro si legge: art. 3) Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, (…) È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli (…). art. 37) (…) la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini (…).

Alla luce di simili contenuti di alto profilo, unanimemente riconosciuti ed apprezzati, appare curioso ciò che accade all’interno dei Tribunali italiani. Per quanto riguarda separazioni e divorzi, infatti, i più elementari principi di “giustizia” e “pari opportunità” vengono quotidianamente disattesi. Senza prendere in considerazione la discrezionalità della magistratura, sempre opinabile nonché recente oggetto di aspre polemiche, qui si fa riferimento ad un dato oggettivo ed incontestabile quale la modulistica in uso.

Per un iter separativo si compilano moduli standard - elaborati dagli stessi tribunali - allo scopo di velocizzare le procedure. Ogni sede può avere una sua modulistica: i prestampati non si rifanno ad un modello unico.

Abbiamo raccolto una corposa documentazione, dalla quale emerge una singolare faziosità che abbatte con la scure il concetto stesso di imparzialità, fondamento imprescindibile tanto della Giustizia quanto delle Pari Opportunità. Un solo esempio, fra i tanti raccolti in archivio:

Il Tribunale Ordinario di Civitavecchia (RM) prevede un verbale di comparizione dei coniugi così strutturato:

"il Presidente, dato atto di quanto sopra, decide in via provvisoria:

  1. autorizza i coniugi a vivere separati;
  2. affida la casa coniugale al ____________ con la facoltà per ____________ di prelevare gli effetti personali entro trenta giorni da oggi;
  3. affida il minore alla ____________ con facoltà per il padre di vederlo e tenerlo con se (modalità da specificare) .......................................................
  4. stabilisce che il marito versi alla moglie, per il mantenimento della stessa e dei figli, la somma mensile di _______________ , valutabile secondo gli indici ISTAT, da versare entro … etc.

Impossibile non constatare la macroscopica ipocrisia di fondo: mentre al punto 2) ci si preoccupa di mantenere una imparzialità almeno formale, al punto immediatamente successivo (il n. 3) l’imparzialità di facciata si sgretola miseramente, lasciando emergere come in realtà le decisioni siano standardizzate, prese ancor prima di istruire il procedimento.

Al punto 2) infatti sono previsti degli spazi vuoti in corrispondenza della voce “affidamento della casa coniugale” ed in corrispondenza dell’altro coniuge che se ne deve allontanare. In realtà il termine corretto per l’immobile sarebbe “assegnazione”, ma dai nostri Tribunali non stiamo a pretendere troppa precisione, suvvia !

Quando il giudice assegna la casa alla moglie sarà il marito a prelevare gli effetti personali, e viceversa. Nessuna decisione preconfezionata, almeno apparentemente i concetti di “giustizia”e “pari opportunità” non vengono distrutti.

A punto 3) c’è un bivio: inizialmente si continua a fingere imparzialità, seppure con un piccolo lapsus.

Persiste infatti lo spazio vuoto, lasciando credere che il giudice possa riempirlo come la circostanza richiederà; in realtà la preposizione articolata “della” lascia aperte solo opzioni al femminile, vale a dire che il giudice potrà scrivere “madre”, “nonna” o “zia”, non certo della padre, speriamo concorderete.

Si tratta di un mero errore di battitura, magari ciclostilato migliaia di volte e mai riscontrato da nessun giudice, nemmeno compilando separazioni per anni ?

No di sicuro, infatti lo stesso punto 3) prosegue dipanando la matassa, senza più lasciare spazio al dubbio. Infatti dopo l’ingannevole spazio vuoto per lasciar credere che decida il giudice, caso per caso, a chi vada affidata la prole, emerge prepotente la chiusura definitiva: è il padre che ha un diritto di visita regolamentato.

Non c’è alcuno spazio da riempire, per il modulo del Tribunale di Civitavecchia è sempre e solo il padre a dover vedere i propri figli con il timer. Ergo, non è previsto che sia il genitore affidatario, o "collocatario" in regime di (falso) affido condiviso.

Il preconcetto discriminatorio, in un crescendo armonico perfezionato da una cesura perfetta, viene ulteriormente rafforzato al punto 4), ove risulta evidente che non esistono spazi da riempire al momento di stabilire le misure economiche.

Lui versa e lei riscuote, punto. Non è prevista una casistica differenziata, non è previsto che la moglie possa avere un reddito triplo rispetto al marito, non è previsto che lui possa essere un dipendente del suocero, possa aver perso il lavoro, essere in cassa integrazione, iscritto alle liste di collocamento o altro.

Casi estremamente concreti, in Tribunale possono ignorarli ?

La normativa prevede che l’assegno perequativo venga erogato “ove necessario”, per il modulo utilizzato a Civitavecchia “ove necessario” si è trasformato in “sempre”. Ovvio, visto che l’intero modulo è palesemente inquinato da una discriminazione di fondo.

Ripetiamo, si tratta solo di un esempio. In archivio abbiamo altre aperte violazioni della norma vigente, dal genitore “collocatario” al “mantenimento del tenore di vita”, e presto saranno oggetto di denunce adeguate.

In conclusione è lecito chiedersi come, visti i presupposti macroscopicamente vessatori, un genitore possa avvicinarsi al Tribunale sperando di trovarvi imparzialità, giustizia e pari opportunità.

Legittime aspettative della cittadinanza cronicamente disattese; se la Giustizia viene fatta a pezzi in Tribunale, dove sarebbe lecito andarla a cercare?

Carissimi Mara ed Angelino, non potete tollerare simili violazioni dei più elementari principi ai quali si conformano i vostri stessi mandati istituzionali.

Sicuramente vi siete distratti, giusto un attimo.....

L’Aiaf ha diffuso un volantino, datato 10 maggio,

Contiene le immancabili accuse contro i “padri separati” che attaccherebbero la magistratura, questa volta non con una altisonante “destabilizzazione istituzionale” ma con una “campagna denigratoria dai toni sempre più accesi ed esasperati”.

La fobia antipaterna può avere diverse facce, il 10 maggio era il turno dei toni esasperati.

Ci risiamo: non vogliono proprio capire, o forse capiscono ma si rifiutano di ammetterlo

Resta il fatto che il parallelismo Stati Generali = padri separati esiste solo nell’accanimento della visione faziosamente allarmistica targata AIAF

Agli Stati Generali hanno preso parte le maggiori associazioni di categoria composte da genitori, madri e padri, associazioni di nonne e nonni, figli ormai adulti di genitori separati, oltre ad associazioni esclusivamente femminili. (però non diciamolo in giro, questo all’AIAF non piace)

Esiste inoltre un elenco di strutture e/o associazioni e/o professionisti e/o parlamentari intervenuti, in cui non figura alcun padre separato o rappresentante di padri separati

Tranquillizziamo i più apprensivi tra i membri AIAF: calmi, non è in atto un colpo di Stato, ok?

È solo la denuncia di un disservizio sistematico.

Il divorzificio penalizza madri e padri: che le famiglie italiane siano indotte a guardare con terrore ai servizi sociali è un dato di fatto, come un dato di fatto è la sempre minore fiducia della cittadinanza in una giustizia certa, rapida, imparziale.

Della cittadinanza, non dei padri separati.

Il volantino del 10 maggio, inoltre, esalta l’operato dell’AIAF che dipinge i propri iscritti come difensori di padri e madri, ma soprattutto paladini dei diritti dell’infanzia, e dichiara in conclusione di impegnarsi per una “piena e sostanziale applicazione del principio di bigenitorialità”.

Benissimo, come non concordare?

Vuoi vedere che AIAF e Stati Generali sono impegnati sullo stesso fronte?

Sarebbe interessante verificare in quale misura le dichiarazioni d’intenti trovano corrispondenza nell’applicazione pratica

Tre sole domande


  • è in grado di fornire un campione di 1.000 sentenze o decreti per ogni anno di vigenza della norma novellata, in cui una delle parti era assistita da un membro AIAF?
  • è in grado di includere nel campione anche cause nelle quali entrambe le parti erano assisitite da membri AIAF?
  • è possibile verificare, dati alla mano, cosa un membro AIAF intenda per “piena e sostanziale applicazione del principio di bigenitorialità”?

Si tratta di un campione tutto sommato modesto, in pratica 1,7 cause ogni anno per i soli avvocati (650) presenti all'ultimo convegno AIAF a Milano, molto meno qualora contribuisse alla formazione del campione tutto il poderoso organico AIAF

Sarebbe utile che il campione fosse rappresentativo per quanto riguarda la suddivisione per area geografica, età, occupazione e fascia di reddito delle parti, oltre ad avere percentuali simili di assistenza alla parte maschile o femminile

Ovviamente sono da considerare solo le scissioni di coppie, coniugate o conviventi, con prole in età 0-18; le coppie senza figli o con figli trentenni non rilevano ai fini del principio di bigenitorialità.

Potrebbero emergere dati interessanti dall’analisi delle formule utilizzate, di tempi e modi di cura della prole, le misure di mantenimento.

Certi della ferrea volontà da parte dell’AIAF di dimostrare all’Italia intera la bontà del proprio operato, rimaniamo in attesa di cortese risposta

Ehilà, abbiamo pestato i piedi a qualcuno!!!

È in atto una stroncatura senza appello ai lavori degli Stati Generali, alla partecipazione, al documento di sintesi. Chi la fa? Ma è ovvio, l’AIAF, il Gotha dell’intellighenzia forense arroccato a difesa del falso affido condiviso. http://www.aiaf-avvocati.it/25850/ (tra parentesi, un consiglio gratuito alla redazione AIAF: separazzione si scrive con una zeta sola)

Sia chiara una cosa: l’attacco in fondo ci gratifica, se l’AIAF si preoccupa di screditarci vuol dire che abbiamo colto nel segno, che la strada è giusta, che diamo fastidio agli oppositori dell’affido condiviso.

Chi dice la verità – e la dimostra, dati alla mano – non è gradito a lorsignori e viene attaccato a testa bassa.

Pericolosa, come strategia: qualcuno potrebbe persino essere indotto a pensare che a simili avvocati non conviene affidare nemmeno un ricorso per 2 punti sulla patente. Se li conosci li eviti, contenti loro…

Sarà nostra cura pubblicare il link alla lista dell’organigramma AIAF, ognuno tragga le conclusioni che preferisce. http://www.aiaf-avvocati.it/l-aiaf/ - cliccare la barra aiaf regionali

l'AIAF potrebbe civilmente confrontarsi, evitando strumentalizzazione e mistificazione
Non lo fa, non è in grado

Strumentalizza e mistifica, dimostra di preferire queste strade.

Strumentalizza, rispolverando la solita mania di persecuzione contro l'intera magistratura.
Quello degli Stati Generali non è affatto un attacco contro i giudici tout court, ma una critica alle persone che creano danni con la propria negligenza.
Non solo è lecito ma è anche doveroso criticare chi genera disagio sociale non svolgendo al meglio il proprio lavoro; quando si tratta di giudici ed assistenti sociali è vietato?
AIAF evita di chiamare le cose col proprio nome: è meglio definire un’analisi critica e documentata col termine roboante di “destabilizzazione istituzionale”, per potersi mascherare da paladini della democrazia quando in realtà ci si limita a bacchettare pareri non graditi.

La destabilizzazione istituzionale è un attentato alla Costituzione, l’analisi critica no.

Chiaro il concetto?

Cosa sa, L’AIAF, dei lavori presentati nell’evento che hanno snobbato[1]?

Cosa sa delle ricerche, degli studi, delle inchieste che documentano un Sistema allo sfascio?

Cosa sa delle Procure che denunciano l’80% di false accuse di violenza, al solo scopo di risolvere in fretta l’iter della separazione eliminando antagonisti scomodi?

Cosa sa dei moduli prestampati per la separazione, ove la sentenza è già scritta prima ancora di entrare in tribunale?

Cosa sa di detti moduli “suggeriti” (testuale, n.d.a.) persino sul sito ufficiale del Ministero di Giustizia, scaricabili come modello da seguire? Noi queste inchieste le abbiamo fatte, AIAF no.


Mistifica quando si accanisce nel dipingere una guerra dei sessi che esiste nei loro preconcetti.
Il titolo parla da solo ”L’attacco dei padri separati alla magistratura e ai servizi sociali”

La realtà è diversa da come la dipinge una disinformata AIAF: non sono le associazioni di padri a denunciare la malagiustizia, ma un intero movimento trasversale fatto di padri, madri, sorelle, nonne, nonni, nuove compagne, psicologhe, criminologhe, sociologhe, mediatori ed avvocati, tanti avvocati. Ci sono competenze che nemmeno immaginano, ma continuino pure a sottovalutare il movimento, continuino a credere che sia solo un manipolo di disperati. Ci fanno un gran favore

Mistificano anche quando dichiarano l’incoerenza delle istanze emerse dagli Stati Generali, che nulla hanno a che fare con le riforme in discussione al Senato.

Esatto, ma chi ha mai sostenuto che vadano accorpate nel DDL 957?

Solo da una lettura frettolosa e/o incompetente e/o faziosa - scelgano loro - può scaturire questa interpretazione

La calendarizzazione del testo in Commissione Giustizia è una delle istanze, non l’unica

Gli accordi prematrimoniali, la responsabilità civile dei magistrati, il divorzio breve, la videoregistrazione degli incontri presso i servizi sociali e l’abolizione dei Tribunali minorili sono altre, da promuovere indipendentemente.

Il 5, 6, 7 maggio, a Roma, lo hanno capito tutti

AIAF non ha voluto esserci ed ora finge di equivocare

Ridicolo, no?



[1] L’AIAF è stata invitata, come tutte le realtà esistenti in Italia, a dare il proprio contributo all’interno degli Stati Generali e partecipare alla stesura del documento conclusivo.

Altre associazioni forensi hanno contribuito, AIAF no.

Risposta del Sottosegretario Casellati all'interrogazione dell'On. Rita Bernardini

"Tutto ok, l'affido condiviso è dilagante, lo dice l'ISTAT. Poi ricordiamoci che per il tempo trascorso con i figli non conta la quantità, ma la qualità" Ipse dixit

Acrobazie dialettiche, basate su dati - per stessa ammissione ministeriale - inesistenti

Non si hanno, invece, rilevazioni statistiche, sui casi di “svuotamento” dell’affidamento condiviso,….”

Non serve che lo dica l’On. Casellati: le percentuali di affido condiviso sono in crescita, lo può vedere chiunque consultando il sito ISTAT.

Non era questa la domanda alla quale il Sottosegretario era sollecitato a rispondere.

Avrebbe dovuto spiegare all’On. Bernardini se quelli che ai fini statistici figurano come condiviso avessero i reali contenuti dell’affido condiviso, e questo non lo ha fatto.

Quando avevo 10 anni la maestra mi ha detto “bel compitino, ma non ti sei accorto di andare fuori tema. Ora ti becchi un bel 4, la prossima volta sarai più attento”.

Acrobazie dialettiche, ostinatamente aggrappate alla citazione dei dati ISTAT senza considerare l’elemento sostanziale: la mera analisi statistica non può entrare nel merito dei contenuti che i dati esprimono.

Limitandosi a snocciolare numeri, in sostanza, non si potrà mai sapere cosa tali numeri nascondano.

O meglio, si capisce perfettamente che l’etichetta “condiviso” appare su un numero sempre crescente di provvedimenti, ma il Sottosegretario avrebbe dovuto spiegare se per caso il contenitore sia conforme al dettato del Legislatore, ma i contenuti no.

Ecco il quesito rimasto senza risposta.

Quando avevo 40 anni un meccanico mi ha detto: “per consumare meno alcuni “furbetti” mi chiedono di togliere il catalizzatore. Le auto hanno i documenti Euro 4, quindi in regola, ma in realtà fanno più danni di prima”.

L’argomento è ovviamente diverso, ma le dinamiche di alcune officine sono identiche a quelle di alcuni Tribunali.

Genitore prevalente, assegno in ogni caso, tempi ripartiti 80% - 20% ….

Del condiviso rimane solo la dicitura

Ne risulta, piaccia o meno, che circolano centinaia di migliaia di separazioni senza marmitta catalitica.

Il profilo burocratico è a posto, ci sono i “documenti in regola” per poter propagandare l’escalation dell’affido condiviso. Poi in concreto la situazione è peggiore di prima, ma questo per molti operatori sembra non essere importante.

Non lo sanno o fingono di non sapere?

Delle due, una:

- o sono in malafede, quindi tentano di occultare una realtà nota a tutti

- oppure non conoscono affatto la materia che pretendono di trattare da esperti.

Non esiste una terza ipotesi.

Le capriole dialettiche continuano, sostenendo che la collocazione prevalente dei figli (mai prevista dal Legislatore, ma inserita a forza nella giurisprudenza consolidata) non abbia alcuna ripercussione sui compiti di cura, in quanto non riduce ne’ diminuisce i compiti del genitore escluso.

Quando avevo 20 anni il mio professore universitario mi ha detto: “per testare la validità di una norma, un’ipotesi, un ragionamento, abituati a considerare anche il suo contrario Mai insegnamento fu più prezioso, nessun tomo studiato in seguito conteneva tanta profonda semplicità.

Se fosse valido il Casellati-pensiero in merito alla totale ininfluenza del domicilio prevalente sui compiti di cura, alcune curiose osservazioni non sarebbero necessarie.

Invece lo sono, eccome.

Se è così ininfluente, come mai ancora oggi è il principale argomento di disputa?

Se quello che conta non è la quantità ma la qualità del tempo trascorso con i figli, perché non assegnare al genitore che esce da casa un insipido 80% del tempo con la prole, e lasciare a chi ottiene la casa un bel 20% pieno di significati?

Non si tratta di innescare dispute per il bene immobile, supponiamo che rimanga assegnato a chi da sempre lo ottiene per consuetudine consolidata. I figli però trascorrono la maggior parte del tempo con l’altro genitore, tanto – secondo la Casellati – il ruolo educativo di chi li vede nei ritagli di tempo non viene minimamente scalfito.

Il problema - a mio parere - è che dei figli non interessi poi tanto a chi se ne riempie la bocca, mentre la attuale applicazione della norma è plasmata sui privilegi di genere mascherati da tutela del minore.

I figli non votano, i genitori si

C’è altro da spiegare?