venerdì 28 settembre 2012

Stupro delle relazioni


Facciamo una cosa, cominciamo a ripetere tutti un concetto semplicissimo, efficace e di forte impatto
Lo strupro psico-emotivo, lo stupro delle relazioni

Salteranno su come indiavolate, lo stupro è esclusiva loro...
Bene, se è valido il dramma di un corpo violato, dobbiamo sostenere che esiste il dramma di un equilibrio psichico violato ancora più del corpo

La differenza è questa: lo stupro fisico dura 15 minuti, il picco di violenza è relativamente breve
Però le conseguenze nell'equilibrio di una donna violata ci mettono anni a sparire, a volte non spariscono mai
Lo stupro delle relazioni dura tutta la vita, è il picco di violenza a non finire mai

Comincia ancora prima di andare in tribunale, quando il mio avvocato mi dice che ho poche speranze di vedere i miei figli con assiduità: l'importante è che io paghi, poi a crescerli ci penserà qualcun altro
Si rinnova ogni giorno, quando mi danno il "diritto di visita" due domeniche al mese, quando li riporto con un quarto d'ora di ritardo e trovo i Carabinieri, quando saltano gli incontri per un certificato medico fasullo, quando mi ritrovo accusato di schifezze mai fatte, quando la madre scappa senza motivo in un centro antiviolenza, quando non me li passa al telefono, quando spegne apposta il cellulare, quando vado a scuola e le maestre mi trattano come un criminale, quando un'assistente sociale di 25 anni decide se sono capace a fare il padre, quando nessuno mi dice la data della recita scolastica, quando i miei figli chiamano "papà" l'ultimo arrivato, quando non ho una casa dove portare i bambini, quando devo vedere i miei figli in incontri protetti, quando sbatto contro l'incompetenza di chi dice "dovreste trovare un accordo", quando l'unica cosa che mi rimane sono le foto perchè la madre è scappata all'estero, quando chiedo aiuto alle istituzioni e allargano le braccia, quando faccio una denuncia e per mesi non si muove nessuno, quando è  lei a farla e dopo mezz'ora mi telefonano i Carabinieri, quando piango la notte come un ragazzino pensando ai miei figli che non posso vedere come vorrei ...

potrei andare avanti per venti pagine, ma non serve: sapete tutti di che sto parlando
Sono esperienze che si ripetono per anni, ogni giorno, ogni minuto
La sensazione di impotenza, disperazione, umiliazione, l'arroganza e l'incompetenza delle persone alle quali chiedi aiuto, la forza di andare avanti che ogni giorno sembra sul punto di sparire...
Le abbiamo provate tutti
Diamogli un nome 
Si chiama stupro delle relazioni  


Pane e dignità


Pane e dignità

Ho fame
Fame nera, fame carogna, fame disperata, quella che rigenera invece di fiaccare, quella che gratta dal fondo scintille di energia che non immaginavi di avere.
Fame che non si placa con grano e patate, nemmeno con sushi e caviale
‘fanculo il sushi, ho fame di dignità.
Dignità fatta a pezzi dal Sistema-Giustizia, mortificata dai pregiudizi dilaganti, da una riforma tradita, da un’applicazione fittizia, da un magistrato ipocrita, un assistente sociale incapace, un leguleio da operetta.
Dignità violata, in nome di una giustizia che si è fatta piccola piccola, attraverso lo stupro dei legami e delle relazioni.
Dov’è la dignità della persona, in tutto questo? Dignità dei genitori, certo, ma prima ancora dei figli.
Quanti figli hanno la stessa fame di dignità, e ancora non sanno di averla?
Quanti figli, crescendo, scopriranno di avere avuto l’infanzia storpiata in nome del loro interesse?
Quanti capiranno che le relazioni genitoriali non dipendevano dai genitori, ma da chi si è arrogato il diritto di limitarle, svuotarle, svilirle?
Quanti si accorgeranno di essere stati fregati, sempre in nome del loro interesse?
Quanti?
Chi sa rispondere?
QUANTI?

Qualcuno, fra 20 anni, si domanderà: come hanno potuto lasciare che accadesse?
La malagiustizia familiare era sotto gli occhi di tutti, denunciata a gran voce, dettagliatamente documentata, urlata con rabbia, disperazione, incredulità, sdegno.  
Come abbiamo potuto lasciare che accadesse?

Vogliamo
Possiamo
Dobbiamo

Il movimento dei genitori ha iniziato da 20 anni ad intravedere le storture del Sistema, le falle della malagiustizia familiare, la discrasia fra ciò che è scritto in sentenza e ciò che accade nella realtà.
Volevamo cambiare il Sistema, avevamo la spinta.

Poi è iniziato il processo di crescita: lunghi anni di studio, ricerca ed approfondimento per appropriarsi dei meccanismi giudiziari, mettere a fuoco i contorni delle criticità ed individuare le possibili soluzioni.
Un know-how preziosissimo, figlio della competenza sia accademica che empirica, è oggi patrimonio del movimento, moneta da spendere anche sui tavoli istituzionali.
Possiamo cambiare il Sistema, abbiamo gli strumenti.

Ora è rimasto l’ultimo passo, il dovere di capitalizzare l’esperienza e le competenze acquisite.
È il passo più duro, quello nel quale entrano in gioco poteri forti estranei al movimento.
Non è facile, non è veloce, non è indolore, ma va fatto.
Dobbiamo cambiare il Sistema che gestisce le separazioni.

È una strada in salita, di quelle dure, che oltre ad essere ripida e piena di buche ha pure in vetta parecchi nemici che tirano sassi.
Non serve perdere tempo ad elencare i nemici ed i sassi che scagliano, ne saltano fuori ogni giorno tra pregiudizi ideologici e sentenze-scandalo
Le buche si superano, i sassi si schivano, la vetta va raggiunta: la riconquista di una dignità delle persone da troppi anni svilita
Vorrei piantarla di vivere in una Italia SDL, Società a Dignità Limitata

Non so chi in futuro potrà dare ai propri figli aragosta e champagne, chi salame e barbera, chi patate e acqua di fonte.
Ma che a nessuno sia vietato di crescerli a pane e dignità.

Il 4 ottobre diamo inizio ad un ciclo, troviamo la spinta necessaria a raggiungere gli obiettivi che condividiamo.
La volontà c’è, le competenze pure, ora - per chi ci crede davvero - ottenere risultati concreti è diventato un dovere.
Vogliamo, possiamo, dobbiamo

due pesi e due misure - criminilalizzazione mediatica


Criminalizzazione mediatica antimaschile


Proviamo a riflettere sulle strategie di chi, autonominadosi politically correct, maschera una faziosità endemica che da correttezza ed imparzialità è lontana anni-luce.
Terminale di una strategia di criminalizzazione, con la complicità dei media asserviti alla logica di Sistema

Derby a S. Siro:  scontri fra tifoserie, due accoltellati, alcune auto distrutte
Qualcuno ha mai azzardato la teoria MILANESI CRIMINALI?
Gli sforzi di tutti, dai commentatori televisivi ai cronisti dei quotidiani, dal Questore ai vertici FIGC, convergono nel circoscrivere il fenomeno ad una minoranza di teppisti, organizzati o cani sciolti che siano. Portate le famiglie allo stadio, i veri tifosi non hanno nulla a che fare con questa minoranza, etc.
Stesso principio per qualunque impresa dei vandali da stadio, anche quando ci scappa il morto: per il poliziotto ucciso a Catania non diventano criminali tutti i siciliani, per il tifoso ucciso a Genova non diventano criminali tutti i liguri, per i pestaggi a Pisa non diventano criminali tutti i toscani.
Ovvio: migliaia di eventi sportivi ogni settimana, se in tre o quattro di questi si verificano degli incidenti - anche gravi - sarebbe folle sostenere che gli italiani sono criminali.
Esiste una minoranza di violenti, da emarginare e condannare pesantemente, ma la grandissima maggioranza è sana
Un centinaio di teppisti, decine di milioni di persone oneste

Manifestazione a Roma, 20.000 persone in piazza, dal corteo si stacca un manipolo di infiltrati che mette a ferro e fuoco la città. I filmati fanno il giro dei tg: mezzi dei Carabinieri in fiamme, finanzieri aggrediti, la distruzione coinvolge vetrine, cassonetti, negozi, auto private
La comunicazione.


Quando un marito maltratta la moglie o quando un fidanzato uccide la ex, sotto accusa è l’intero genere maschile.
Non “alcuni uomini”, tutti; in questo caso i distinguo non esistono.
Le grandi firme del giornalismo, ma anche opinionisti da operetta e professionisti della banalità, fanno a gara nel condannare il comportamento del “maschio”, termine ormai trasformato in insulto.
Parte sempre lo stesso copione: gli uomini vanno rieducati, sono immaturi, violenti, possessivi, incapaci di accettare la fine di un rapporto, pronti a reagire solo col sangue … tutti sotto accusa come categoria, non per caratteristiche individuali.
Per l’episodio di violenza domestica non valgono le stesse logiche della violenza da stadio
Allo stadio la minoranza viene riconosciuta come tale, in famiglia la minoranza diventa “tutti”.
Quanti rapporti finiscono? Che incidenza percentuale ha l’episodio da cronaca nera? Coppie conviventi e coppie sposate, fidanzatini adolescenti, amanti clandestini … le coppie scoppiano a centinaia di migliaia ogni anno, forse milioni.
150 decessi, e “il maschio” italiano è criminale[1].
Non ho mai letto di una minoranza da isolare e condannare, non ho mai sentito giornalisti, parlamentari ed opinionisti dire che la maggioranza della popolazione maschile è sana.
Meglio sparare nel mucchio, meglio criminalizzare l’intero genere, la strategia è questa
Terrorismo psicologico, ormai il popolo bue è aggiogato.




Come i fatti vengono riportati, come si utilizzano i titoli, quali notizie passano sotto silenzio e quali vengono enfatizzate, quanto spazio viene riservato e con quale ripetitività.

Sicilia, 2003
Un uomo viene ucciso dalla convivente con modalità raccapriccianti: bruciato vivo, agonizza tra le fiamme davanti ad un bambino di tre anni che assiste.
Ecco come la stampa nazionale ha riportato l’episodio


Il Messaggero di Roma, una dozzina di righe nella rubrica in breve
La vittima stava morendo di tumore, definito testualmente “in fase terminale”. L’omicida però aveva fretta di incassare, meglio ammazzare il convivente in modo barbaro piuttosto che attendere il decorso della malattia. Non si tratta di un delitto d’impeto al termine di una lite degenerata, ma è un delitto pianificato, attentamente studiato a tavolino con tanto di complice, narcotico per stordire la vittima, trasporto in luogo appartato, etc.
Forse la stampa locale avrà dedicato qualche spazio in più, ma nel resto d’Italia una stringata sintesi del lancio ANSA è più che sufficiente: a Roma dodici righe e il dovere di cronaca è rispettato, a Firenze ne bastano sei, a Milano e Torino la notizia non esiste.
Poi il silenzio … dimenticare in fretta è la parola d’ordine?

Se la vittima fosse stata una donna?
Inviati speciali delle varie testate, giornalisti e telecamere delle reti televisive, copertura per giorni, settimane, mesi, interviste ai parenti della vittima per farsi dire che aveva tanta voglia di vivere, agli amici per farsi dire che era speciale, ai carabinieri che hanno arrestato gli assassini, agli avvocati per confrontare le versioni, al giudice per carpire qualche particolare del processo, all’assicuratore per sapere se con l’omicidio la polizza è valida lo stesso, etc.

Melania Rea è diventata un caso mediatico, Simonetta Cesaroni lo è ancora dopo vent’anni, anche dove c’è un colpevole assicurato alla giustizia (Elisa Claps, Meredith Kercher, Alberica Filo Della Torre) il caso non viene abbandonato da stampa e tv.
Ma la vittima ragusana è un uomo, del dolore dei parenti e degli sviluppi del processo non interessa a nessuno, non vengono riportate nemmeno le generalità o le iniziali puntate.
E’ politically correct solo enfatizzare il femminicidio.
Meglio mettere sotto i riflettori esclusivamente le vittime femminili, altrimenti qualcuno potrebbe aprire gli occhi ed iniziare a parlare pure di maschicidio.




[1] La massima condanna per gli autori ed il massimo rispetto per le vittime, ma 150 decessi ogni anno non sono la prima causa di morte per le donne italiane, come la propaganda vorrebbe far credere.

Blog Bugnano



C’è poco da discutere, per ciò che si sta scatenando basta una sola parola a sintetizzare il tutto: miseria.
Sfaccettata in mille forme, ma sempre di miseria si tratta.
Miseria d’animo, miseria dialettica, di obiettività, idee, argomenti, etica, buonsenso, conoscenza degli argomenti che si ha la pretesa di trattare da esperti.
Oltretutto le multiformi miserie si avviluppano, si avvolgono una sull’altra in un crescendo inestricabile
La miseria dialettica mette a nudo la miseria di argomenti, la miseria delle idee mette a nudo una profonda miseria d’animo…  
Da tanto misero ciarlare emerge una sola ricchezza: una sorprendente ricchezza d’odio, benzina di tutte le ideologie e dei pregiudizi che ne derivano.
Insinuazioni offensive a pioggia, dati oggettivi zero.
Denigrare, denigrare, denigrare, l’odio non permette altro.
Tra i manifestanti in piazza il 4 ottobre ci sarebbero padri  incapaci di occuparsi dei figli, idonei, violenti, maltrattanti, ed ovviamente (poteva mancare?) pedofili.
La sottigliezza: “denunciati per”, se poi la denuncia si risolve in un nulla di fatto chi insulta non lo sa.
O se lo sa, si guarda bene dal dirlo.
Onestà intellettuale, questa sconosciuta.
Peccato che un’inchiesta condotta presso le operatrici di giustizia di tutta la penisola, dalla Lombardia alla Sicilia, registri pareri convergenti su percentuali anomale di false accuse, 80% di querele costruite con finalità fraudolente.
Fingendo di dover proteggere se stesse ed i figli dall’orco - che poi orco non è, appurano in Tribunale - , le persone che utilizzano strumentalmente la carta bollata mirano in realtà a distruggere l’ex coniuge o ad ottenere privilegi personali di varia natura.
Non lo dico io, lo dicono le donne che gestiscono in Tribunale separazioni e divorzi (sostituti procuratori, avvocati e CTU, esclusivamente di genere femminile), coloro che parlano con cognizione di causa dei faldoni presenti sulle proprie scrivanie, una casistica che più concreta non si può.

Alcuni genitori vengono denunciati con l’obiettivo di allontanarli dai figli, ora l’obiettivo delle false denunce è anche allontanarli anche dalle piazze? Dove vuole spingersi la delegittimazione delle idee altrui?

Mi assale un’idea bizzarra: mento sapendo di mentire, tanto in questo Paese è il modello prevalente suggerito ad ogni livello, dalla gestione creativa dei tesorieri politici al giornalismo zerbinato dei pennivendoli.
Domattina entro in un commissariato a raccontare i miei sospetti: credo che dietro il clone del 4 ottobre potrebbero esserci pericolosissime terroriste delle costituende cellule di Al Quaida.
Non ho alcun elemento di prova, ma l’intuito mi dice: piccole Bin Laden crescono all’ombra della madunina,  saranno a Montecitorio il 4 ottobre per organizzare attentati infiltrandosi tra le manifestanti autorizzate.
Temo mi caccino a calci, ma se per caso dovessi trovare un poliziotto assonnato che verbalizza la mia denuncia …  potrei inventarmi un nome di fantasia e farneticare sul blog della Bugnano?
Potrei dire che tra le fila del controquattroottobre ci sono le Binladine denunciate per terrorismo?
Tanto basta denunciare, non importa se la denuncia sia fondata.
L’importante è insinuare nefandezze, se poi finisce tutto archiviato intanto la zizzania è seminata

.
Una sedicente Anna, il 22 settembre alle 11,57 scrive tra l’altro

E’ aberrante come di fatto l’opinione pubblica, grazie anche alla disinformazione mediatica affidata a sciacalli in doppiopetto, debba essere scossa da manifestazioni come quella prevista per il 4 ottobre prossimo venturo.

Ehilà, facciamo una manifestazione “aberrante” e non lo sapevamo.
Ci scusiamo per scuotere l’opinione pubblica. Non volendo aggredire nessuno, chiediamo per favore all’Italia di spegnere la tv il 4 e non comprare i giornali il 5, casomai qualcuno pubblicasse dieci righe o montasse 30 secondi in un TG.
Pensavamo di fare azione di lobbyng verso il Senato che parcheggia una riforma per anni in Commissione senza mai portarla in Aula, non sapevamo di traumatizzare il Paese.
Cara Anna, grazie per avercelo segnalato; se sapessimo chi sono gli sciacalli in doppiopetto ringrazieremmo anche a nome loro.

dal 2006 (anno dell’entrata in vigore della legge sull’affidamento condiviso) ad oggi è emerso che sempre più donne denunciano gli ex mariti per mancata assistenza alla prole.

Ci risiamo …. denunciano, ma poi?
Art. 570 - violazione degli obblighi di assistenza: oltre il 50% di denunce sono infondate.
Non 1 o 1,5%, percentuale fisiologica di errore, ma più della metà sono false: gente che può dimostrare di pagare regolarmente, ma viene denunciata lo stesso.
Fonte: Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, convegno presso il CSM dello scorso 9 luglio. 
Inoltre sta conducendo uno studio sulle percentuali di altre Procure l’avv. P. Tomarelli.
P. sta per Paola … orrore, è una donna, come osa documentarsi sulle false accuse verso gli uomini?  
Attendiamo i risultati per sapere se - dati alla mano - la maggior parte di accuse per l’art. 570 siano false. 
Nel frattempo Annarella ci dice che i padri bastardi sono l’85% del totale, ma si dimentica di citare i particolari del dato: studi suoi o di qualche istituto di ricerca? E il campione? I dati oggettivi di una intera Procura, con le migliaia di denunce ricevute ed i nomi dei sostituti procuratori, o le dichiarazioni soggettive ed anonime di un centinaio di interviste?
Sarebbe utile saperlo, non serve spiegare perché.

Le stesse, poi, in via processuale, vengono denunciate di rimando dai loro ex per inottemperanza alle disposizioni stabilite dal giudice. DENUNCE CHE REGOLARMENTE VENGONO ARCHIVIATE PERCHE’ RISULTANTI INFONDATE.

Ah, ecco … emerge la cristallina imparzialità della sedicente Anna.
Odio di genere e pregiudizi sessisti come se piovesse : quando il denunciato è lui è sicura la colpevolezza, Anna non vacilla. Non solo per il mantenimento, sul blog della Bugnano identiche certezze pure per maltrattamenti, pedofilia etc.
Quando la denunciata è lei, Anna ha un sussulto e diventa un po’ più scrupolosa, si preoccupa di controllare che fine facciano le denunce.
Bene, per carità, ma farlo sempre non sarebbe più onesto?
Annarella, mai sentito parlare di due pesi e due misure?
Poi dice che “regolarmente” vengono archiviate, ma non sa citare le percentuali che invece a ruoli invertiti ci sono eccome.
Nessuno pensi che sia in malafede, è solo un po’ ingenua.

Dunque, qui le cose sono due: o le donne vogliono davvero i figli tutti per sé e non andrebbero di conseguenza, una volta liberatesi, a denunciare i propri ex per mancata assistenza alla prole,

Questa non è una capriola, è un doppio avvitamento da podio olimpico.
Secondo Anna le persone che “vogliono i figli tutti per sé” non avrebbero motivo di denunciare gli ex.
Dimostri, se è in grado di farlo, che l’85% dei separati viene denunciato perché non vuole trascorrere con i figli un pomeriggio in più, una vacanza in più, una domenica in più.
I dati dicono il contrario. Non le opinioni personali, ma una casistica infinita fatta di dati oggettivi: istanze, ricorsi, appelli.
La parola d’ordine nei confronti del padre è “limitare”, questo emerge dall’analisi degli atti.
Limitare gli incontri, i tempi, le telefonate, il coinvolgimento attivo nel processo di crescita dei figli.
Le denunce per il 570 si riferiscono alle richieste di denaro, niente di più e niente di meno.
Non provi l’incauta Anna a contrabbandarle per richieste di maggiore coinvolgimento paterno.
Mistificare potrà anche essere il suo passatempo preferito, ma c’è un limite a tutto.

oppure vorrebbero davvero i padri più presenti nella vita dei figli e si vedono costrette a denunciarli perché latitanti.

Che ci vuoi fare, quando uno è costretto è costretto.
Tra questi disgraziati proprio non c’è n’è uno che voglia accompagnare i figli a scuola, in palestra, dal pediatra, non vogliono vestirli, nutrirli, curali, tenerli a dormire nel weekend.
Allora sai che c’è? Visto che non vogliono trascorrere del tempo con figli, li denunciamo dicendo che non versano i soldi. Mi sembra logico.
Poi nella metà ed oltre dei casi risulta che non è vero, ma intanto la denuncia è partita così posso dare il via alle lamentele.   

Io opto per quest’ultima ipotesi.

Non so perché, ma l’avevamo intuito

convegno 9 luglio - false accuse


Il fenomeno emergente delle false accuse - denunciato da varie strutture del privato sociale a partire dal 2008 - viene ormai largamente riconosciuto anche negli ambienti forensi.
È un fenomeno che genera disagio sociale, sviluppandosi prevalentemente per la contesa dei figli in caso di separazioni, divorzi e cessazioni di convivenza.
Lo scorso 9 luglio il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma ha indetto un convegno per approfondire lo sdoppiamento di obiettivi della querela: scelta necessaria o strumentale?
Tra i relatori il dr. Giorgio Santacroce[1], la dott.ssa Maria Monteleone[2], l’avv Massimiliano Parla[3], l’avv. Matteo Santini[4], e chi scrive. 
Molto chiarificatrice, ed infatti molto apprezzata, la relazione dell’avv Santini che ha puntato i riflettori sul proliferare delle false accuse, definendolo un meccanismo perverso, ed ha evidenziato il ruolo deontologicamente scorretto dei legali che favoriscono, incoraggiano o addirittura suggeriscono l’utilizzo strumentale della querela.
Dettagliatamente informato sulle dinamiche emergenti anche il dr. Santacroce, che ha esordito con un chiarissimo “oggi funziona così: mi separo, quindi ti distruggo”
Meno apprezzato l’intervento della dott.ssa Monteleone, che in alcuni passaggi è scivolata su qualunquismo e luoghi comuni poco calzanti con la realtà.
L’avv Parla ha testimoniato, dati alla mano, l’altissima percentuale di archiviazioni fornita dalla Procura di Roma, oltre il 50% per i reati di cui agli artt. 388[5], 570[6], 572[7], 612 bis[8] cp.
La mia relazione ha provato ad allargare il campo di osservazione: dalla Procura di Roma al problema su scala nazionale, dai reati meno gravi a quelli più infamanti, dalle inchieste sulle Procure ai tempi di recupero della genitorialità interrotta attraverso le false accuse.

Una critica costruttiva all’intervento della dott.ssa Monteleone: parlando dei problemi legati al profilo economico delle separazioni, ha fatto riferimento alla tendenza dei padri a nascondere i redditi. Gente particolarmente facoltosa che risulta nullatenente, soggetti che trascorrono l’inverno a Cortina e l’estate alle isole Mauritius, ma poi non versano nulla alla ex ed ai figli.
A mio parere si tratta di una forzatura, un esempio lontano dall’essere identificativo della problematica nazionale.
Mi è sembrato di cogliere un generale dissenso anche tra gli avvocati in platea, ma potrei sbagliare e preferisco esprimere solo la mia opinione.

Esisteranno anche fasce di reddito privilegiate, evasori o meno, ma si tratta di una sparuta minoranza, vogliamo riconoscerlo?.
La media dei lavoratori non ha certamente un tenore di vita da Mauritius; senza spingersi all’estero, temo che la maggioranza degli italiani non frequenti nemmeno lo yacht-club di Portofino, vogliamo riconoscere anche questo?
La storiella del miliardario che si finge nullatenente per non mantenere moglie e figli sembra pertanto scarsamente significativa, per non dire altro.
L’Italia è fatta di lavoratori dipendenti, operai ed impiegati, precari e cassintegrati, esodati, e disoccupati.
Non lo dico io, lo dice la cronaca di tutti i giorni, ormai da anni: tassi di disoccupazione in aumento costante, nessuna speranza di reimpiego per cinquantenni licenziati, chiusura a pioggia di piccole e medie aziende, posizioni contrattuali che non consentono accesso ai mutui, famiglie che il mutuo già lo hanno ma non sono più in grado di pagarlo, oltre alla terribile escalation dei piccoli imprenditori suicidati per debiti.
Solo per i separati l’unico pensiero è abbronzarsi nei paradisi tropicali?
Non sembra proprio: diverse amministrazioni comunali allestiscono alloggi di fortuna per genitori separati senza casa, gli stessi genitori separati ingrossano le file per un pasto alla Caritas.
In questo quadro generale, tarare le criticità delle separazioni citando il modello-Briatore sembra quantomeno azzardato.
Quindi, per individuare concretamente le criticità del sistema, lasciamo da parte il facoltoso evasore e pensiamo ai milioni di persone che, tolti dallo stipendio assegni e spese extra, parcelle legali e peritali, affitto, bollette e rata della Punto, devono cercare di sopravvivere con poche centinaia di euro al mese.
Credo sia utile ragionare sui grandi numeri, non certo sulle eccezioni.

Altro aspetto dell’intervento a mio parere poco condivisibile della dott.ssa Monteleone: parlando delle false accuse di violenza sessuale ha affermato che le querele strumentali recano danno, in primis, alle donne che una violenza l’hanno subita davvero.
Non posso concordare.
Le false accuse nuoceranno probabilmente anche alle reali vittime di violenza, in quanto le denunce strumentali assorbono tempo, risorse e personale di una già congestionata Giustizia, ma non possono essere considerate la categoria maggiormente penalizzata.
Altre categorie subiscono traumi ben peggiori: le vittime di false accuse ed i loro figli
Le persone vittime di false accuse, non subiscono alcuna ripercussione negativa?
Basta essere assolti, e tutto passa?
Non sono persone costrette a difendersi in tribunale da accuse infamanti?
Non hanno rilevanza i costi emotivi, l’immagine sociale distrutta, le ripercussioni sul lavoro?
C’è chi va in analisi diversi anni per superare il trauma di un’accusa di molestie sessuali sui figli; assoluzione o archiviazione poco importa, la lacerazione resta.
E poi i figli, categoria “fragile” a singhiozzo, a volte si ed altre no.
Evidentemente un bambino non è fragile quando viene indicato come vittima di un abuso che poi si rivela non essere mai avvenuto.
Eppure la letteratura scientifica dice il contrario: quando l’abuso è inventato il percorso di verifica di un presunto abuso su un minore diventa, esso stesso, un abuso.

Da ultima, un’osservazione sul grande assente al convegno: i Servizi Sociali
In tema di false accuse sarebbe stato interessante ascoltare le esperienze del Servizi.
Chi viene accusato di molestie sui propri figli ha poche chances di conservare normali rapporti con loro. Anche se le accuse sono false
Ormai la macchina del fango è avviata; qualunque cosa faccia si ritorce contro di lui, fino a sembrare validante per le accuse che gli vengono mosse.
Chiede spiegazioni al legale di controparte? Tentativo velleitario, l’avvocato non risponde o al massimo risponde “ci vediamo in tribunale”
È esterrefatto, prova a chiedere spiegazioni direttamente a chi lo accusa, vuole  parlare, scrivere, telefonare? Diventa uno stalker, ammonimento a desistere ed allontanamento dai figli:
È esasperato, prende un bastone e spacca tutto? Diventa un violento, comportamento da galera
È disperato, prende un coltello e fa una strage? Diventa un assassino, comportamento da
ergastolo
Rimane lucido, prende la carta bollata e fa delle controdenunce per smontare le accuse? Diventa immancabilmente conflittuale, comportamento biasimevole relazionato dai Servizi Sociali.
Non fa nulla e subisce le accuse senza reagire? Fa il gioco della controparte, i figli non li vede più.

Che fare?
È molto chiaro cosa non fare, è meno chiaro quale debba essere il comportamento “virtuoso” per non incorrere nelle accuse di comportamento violento, persecutorio o conflittualità
È ovvio che i comportamenti violenti, di qualsiasi natura, siano sempre gravemente condannabili
Quindi niente iniziative fai-da-te, il nostro ordinamento prevede che ci si possa difendere tramite il proprio legale ... ma chi si azzarda ad utilizzare gli strumenti previsti dalla legge diventa aggressivo, incapace di trovare un accordo, conflittuale.

Si rende necessaria una richiesta ufficiale all’Ordine degli Assistenti Sociali: chiarimenti in merito al riconoscimento della conflittualità unilaterale, al riconoscimento di piani diversi fra chi aggredisce e chi è costretto a difendersi, alle buone prassi da adottare da parte di un soggetto vittima di false accuse per evitare di essere definito “conflittuale”.


[1] Presidente Corte d’Appello di Roma
[2] Procuratore Aggiunto presso il Tribunale di Roma
[3] Coordinatore Vicario dell’Osservatorio sulla Giustizia Familiare
[4] Consigliere dell’Ordine e promotore del convegno
[5] Mancata osservanza del dispositivo giuridico
[6] Violazione degli obblighi di assistenza
[7] Maltrattamenti in famiglia
[8] Atti persecutori

FaS e la possibile convergenza


il 4 ottobre sono sotto i riflettori le criticità del diritto di famiglia.
Separazioni e cessazioni di convivenza, denari contesi e figli ancora più contesi, minori in istituto e rapporti genitoriali stuprati, leggi applicate col trucco da prestigiatore, DDL che gli oppositori provano a svuotare di contenuti e intanto giacciono in un cassetto aspettando la fine della Legislatura.
Evidentemente  la lettura che emerge e le proposte che ne scaturiscono danno fastidio a qualcuno.
Qualcuno che invece di confrontarsi sul piano politico, mette in naftalina la dialettica e impugna l’ascia da guerra.
A parte il bizzarro tentativo di boicottaggio, un neonato gruppo “bi genitoriale” aggredisce in rete chi non si dimostra accondiscendente:  non fa differenza su chi dissente, legnate gratis  per tutti
Inoltre ha tentato di mobilitare le militanti che non ha pescando nel bacino FaS, ricevendo in risposta una lavata di capo che la metà basta.
Sinceramente, devo ammettere che la cosa mi ha sorpreso.
Non la drittata del gruppo neonato, la reazione pubblica di FaS.
Non mi aspettavo delle precisazioni tanto corrosive, trasformate in stroncature pubbliche senza appello dei deliranti proclami.
Chapeau.
Conscio del ben diverso retroterra culturale che caratterizza i due gruppi, ero certo che FaS non avrebbe accettato passivamente il tentativo di strumentalizzazione.
Immaginavo però chiarimenti più o meno privati, mi ha sorpreso la randellata urbi et orbi.
Perché di questo si tratta: non è una semplice presa di distanza, è una critica al vetriolo.
Le  neonate non si arrendono: incassata la delusione sul fallito “dispettuccio” della piazza, incassata la reprimenda di FaS, ora si accaniscono contro l’ala femminile che sarà in piazza il 4 ottobre.
Sono donne, quindi devono essere contro i padri
Se non sono contro vanno rieducate, anche con gli insulti
Sono stanco di ripetere che la critica al Diritto di Famiglia è multiforme, i padri sono una delle tante componenti; le neonate non vogliono capire, a loro fa gioco insistere sulla guerra di genere, forse avere il maschio nel mirino è una ragione di vita, le fa sentire bene.
La rabbia delle neonate si sfoga anche con dei post quantomeno curiosi, per non dire altro.
Visto che l’iniziativa del 4/10 è  esclusiva dei padri, cosa ci vanno a fare le donne, perché sostengono il principio della bi genitorialità visto che i figli non sono loro?
Un capolavoro.
Veramente ammirevole nella sua ottusità!
Se un problema non tocca le mie tasche, la mia salute o i miei affetti, devo fregarmene
Mai sentito parlare di coscienza politica, coscienza sociale, coscienza civile?
Per quale motivo dovrei essere contro la pena di morte, visto che mio figlio non è sulla sedia elettrica?
Per quale motivo dovrei essere contro l’accanimento terapeutico, visto che Eluana non era mia figlia?
Per quale motivo dovrei approvare la ricerca sul cancro, visto che mio figlio non è malato terminale?
Per quale motivo dovrei essere contro la prostituzione minorile, visto che Ruby non è mia figlia?
Giuro: non sono il fratello di Mubarak
Potremmo andare avanti all’infinito … ci sono centinaia di argomenti sui quali chi ha una coscienza prende posizione, anche senza essere direttamente coinvolto.
Ma le donne non possono impicciarsi dell’infanzia in generale, pensi no ai figli propri e basta.

Vennero a prendere gli zingari ….
B. Brecht

Una riflessione sul testo FaS, nel quale trovo molti punti di contatto con quanto scrivo da anni, anche su questa testata: non è che per caso l’attuale gestione delle separazioni sia degenerata in quanto di più antifemminista possa esistere?
Per quale motivo in costanza di matrimonio la donna chiede la collaborazione maschile nei compiti di cura della prole, ma con la separazione mira alla gestione unica dei figli?
Guerre all’arma bianca per conquistare e difendere una posizione dominante: per sostenere che il padre è incapace, per dire che i figli soffrono se stanno due giorni con lui, per eliminare un pomeriggio, per ridurre i tempi di mezz’ora, per accorciare una vacanza, per non farli vedere ai nonni paterni “che quelli non li sopporto proprio”.
Questo accanimento egemonico non contrasta con l’emancipazione?
Il possesso esclusivo della prole non è fonte di limitazioni?
Perché qualche madre si lamenta per doversi occupare troppo dei figli, poi fa di tutto per impedire che se ne  occupi il padre?
Meglio al nido o con la babysitter - estranei  che se ne occupano a pagamento - ma la presenza del padre, anche di coloro che si rendono disponibili, va limitata il più possibile.
L’innalzamento del muro divisorio tra ruoli maschili e femminili rappresenta un passo indietro di secoli nella storia della civiltà. Eppure accade ogni giorno in ogni tribunale, e nessuno grida allo scandalo. 
All’uomo sposato viene benevolmente concesso di occuparsi dei figli, ma il messaggio subliminale è “sia chiaro: in caso di separazione scordati i figli, il tuo ruolo torna quello atavico del reperimento di risorse”. 
Alla donna sposata viene benevolmente concesso di cercare una realizzazione nel mondo del lavoro, ma il messaggio subliminale è “sia chiaro: in caso di separazione scordati la libertà, il tuo ruolo torna quello atavico di gestione della prole”.
Il ruolo di fattrice e balia, un vincolo dal quale la donna ha impiegato secoli ad emanciparsi, eppure sembra che ancora oggi in Tribunale non se ne siano accorti. 
Dei figli si occupano le donne, punto.
Al massimo lasciando qualche briciola agli uomini, ma decreti e sentenze dicono che una larga prevalenza femminile nei compiti di cura è inderogabile. 
Le risorse le procurano gli uomini, punto.
Al massimo lasciando qualche contentino alle donne, ma gli atti dicono che una larga prevalenza maschile nei compiti di approvvigionamento è inderogabile.
Il ruolo maschile è quello di garantire il sostentamento della collettività, come quando usciva con la clava ad ammazzare il bufalo mentre la donna rimaneva nella grotta a cullare il pupo e controllare che il fuoco non si spegnesse. Come quando la donna andava al fiume a prendere l’acqua - ma sempre col pupo in braccio - e l’uomo difendeva i confini del clan dagli assalti di altri clan.
Sembra una becera restaurazione dei confini di genere: il tribunale stabilisce compiti femminili e compiti maschili, nessuno si azzardi a sconfinare.
Ovviamente vi sono delle eccezioni: donne che se ne fregano del lavoro e uomini che se ne fregano dei figli; ma gli ostacoli vengono innalzati per tutte e tutti, anche per le madri che vorrebbero continuare a lavorare ed i padri che vorrebbero continuare ad occuparsi dei figli. 
Non ho sentito il pensiero femminista prendere posizione contro questa forzatura.
Dei punti di convergenza ci sono, eccome. È ora di tentare un percorso comune?